L’Albicocco (Armeniaca Vulgaris), specie di origini antichissime proveniente dalla Cina sud- occidentale al confine col Pakistan, è stata introdotta in Italia dai Romani proveniente dalla regione dell’Armenia e della Grecia. La presenza dell’albicocco alle pendici del Vesuvio è documentata già nel I° secolo d. C. negli scritti di Plinio il Vecchio, anche se le prime testimonianze certe di una coltivazione intensiva nell’area risalgono al 1583 quando Gian Battista Della Porta, scienziato napoletano, nell’opera “Suae Villae Pomarium”, divide le albicocche in due grandi gruppi: le Bericocche di forma tonda, con la polpa molle, bianca e aderente al nocciolo e le Chrisomele (dal greco chrisomelos ovvero mele d’oro) con la polpa non aderente al nocciolo, molto colorate, soavi e più pregiate.
Ragion per cui, nel dialetto napoletano il termine “Crisommole” è diventato sinonimo stesso di albicocche.
Le “crisommole”, sono i frutti più coltivati nell’area vesuviana, dove la natura vulcanica del terreno, la ricchezza di minerali e di potassio, favoriscono questa coltura conferendo ai frutti un sapore unico e caratteristico.
Con la denominazione di Albicocca Vesuviana si indicano, in realtà , circa 100 antiche varietà, interamente autoctone e frutto di una selezione mendeliana, la cui area di produzione coincide con il territorio del Parco Nazionale del Vesuvio. Poetici e bizzarri sono i nomi attribuiti alle diverse varietà: Baracca, Boccuccia Liscia, Boccuccia Spinosa,Pellecchiella, Portici, Ceccona, Palummella, Vitillo, San Castrese, Fracasso, Cafona, Baracca, Prete, Prete bello, Taviello, San Francesco, Setacciara, Acqua di Serino etc.
A caratterizzare e distinguere una varietà dall’altra sono le dimensioni, l’intensità del profumo, la levigatezza della buccia ed il sapore che va da quello molto dolce delle albicocche Pellecchiella, all’aroma agro-amarognolo della varietà Vitillo. Ma vi sono caratteristiche comuni quali la polpa gialla zuccherina, il profumo intenso ed il colore giallo aranciato della buccia, cui si sovrappone il rosso sfumato o punteggiato.
La maturazione avviene nel periodo medio-precoce, tanto che la raccolta è effettuata già a partire dalla metà del mese di giugno.
Destinata al consumo diretto e fresco, l’Albicocca Vesuviana è molto richiesta anche dall’industria di trasformazione, per la produzione di confetture, succhi, nettari, sciroppi e canditi
PERCOCA (PESCA NAPOLETANA)
Inizialmente diffuse solo nell’area flegrea e vesuviana, le “Percoche”, varietà napoletana di pesche a polpa gialla, croccante e non spiccagnola, sono state successivamente introdotte anche nel Casertano.
La “percoca”, dal napoletano percuoco, deve la sua fortuna al noto saper mangiar bene dei napoletani, che la elessero, sin dal ‘700, quale regina della tavola estiva. Chi non ricorda la “percoca affogata nel vino rosso”, un rito tradizionale dei napoletani, che pare introdotto dai dominatori spagnoli, già maestri della “sangria”.
La denominazione Percoca Napoletana comprende almeno due tipologie varietali, sicuramente originatesi nell’area flegrea-vesuviana: la “Puteolana” e le “Terzarole” (col pizzo, dorata, gialla). Le caratteristiche comuni di queste varietà sono rappresentate dalla pezzatura medio-grossa, dal colore giallo carico della polpa e di parte della buccia, dall’aroma e dal profumo molto intensi, dal sapore dolce e vellutato e dall’ottima consistenza tanto da essere utilizzate come materia prima di deliziose sciroppate.